Thomas Hobbes, Leviathan (1651)

Negli stessi decenni in cui si sviluppa la rivoluzione scientifica, vengono formulate le prime moderne teorie dello Stato e nasce la moderna scienza del diritto.

Il movimento filosofico e giuridico che meglio riflette queste nuove concezioni è il giusnaturalismo (dal latino ius naturale, ossia “diritto di natura”). Secondo i giusnaturalisti lo Stato non nasce per volontà divina ma per libera scelta umana e si fonda sul consenso – tacito o esplicito – dei cittadini. La convinzione che le organizzazioni statali si fondino sul consenso dei membri che ne fanno parte costituisce un importante tema di riflessione per i filosofi dell’epoca.

Thomas Hobbes (1588-1679) nel Leviatano (1651) sostiene che anche l’assolutismo monarchico – la forma di governo più diffusa nel Seicento – si basa sulla volontà del popolo il quale, rinunciando ai propri diritti e cedendo al sovrano la libertà, si assicura pace e stabilità. Secondo Hobbes tale rinuncia è irrevocabile, qualunque sia il modo in cui il sovrano esercita il proprio potere.

A una conclusione diversa giunge John Locke (1632-1704), secondo cui la delega del popolo nei confronti del sovrano è temporanea e può essere revocata qualora il re si riveli un tiranno o non rispetti i diritti naturali. Il popolo, quindi, conserva sempre la propria sovranità, che ha il diritto di riprendersi se l’esercizio del potere si trasforma in dispotismo.

John Michael Wright, Ritratto di Thomas Hobbes, XVII secolo. Londra, National Portrait Gallery.

John Michael Wright, Ritratto di Thomas Hobbes, XVII secolo. Londra, National Portrait Gallery.