La tematica sociale e il meridionalismo

Nella narrativa italiana degli anni Trenta risaltano le opere di alcuni autori in cui emerge una denuncia delle condizioni di arretratezza in cui sono confinate le popolazioni che vivono nelle regioni meridionali e, nello stesso tempo, una forte tensione etica, che si traduce anche in impegno civile e politico. Si tratta di romanzi ispirati a un Realismo sociale che assume diverse declinazioni negli autori più rappresentativi.

Corrado Alvaro fu la voce di una narrativa meridionale che negli anni del fascismo riproponeva con moduli originali i temi della diseguaglianza e dello sfruttamento, con una sensibilità sociale che nascondeva una critica implicita – ma talora dichiarata – alla retorica del regime. L’opposizione politica diventa aperta e motivata nell’abruzzese Ignazio Silone e nella sua aspra denuncia della condizione contadina.

La città e le contraddizioni della nascente realtà industriale e la difficile crescita di una coscienza di classe sono lo sfondo dell’opera di Carlo Bernari. Il torinese Carlo Levi dedicò alle plebi della Lucania il suo capolavoro, scritto negli anni della guerra a seguito del suo lungo confino – come antifascista – in quelle terre.

Sul piano stilistico prevale, in questi autori, la ricerca di una lingua depurata dai virtuosismi e da un’artificiosa eleganza, attraverso una sintassi per lo più breve e poco articolata, che a tratti richiama la “viva voce” dei personaggi.

Carlo Bernari, Tre operai (1934)

Tre operai, del 1934, è il romanzo d’esordio di Carlo Bernari (1909-1992), in parte ambientato a Napoli – città natale dell’autore – e in parte a Crotone e a Taranto, in cui la scena si sposta dal mondo delle campagne a quello delle città, di una nascente realtà industriale e dei conflitti che vi si stanno sviluppando.

La trama
Protagonisti sono Teodoro, uno sbandato che è spesso disoccupato, Anna – un’operaia che vive con lui una tormentata relazione – e il loro amico Marco. Teodoro entra a far parte delle organizzazioni operaie e socialiste e viene mandato in Calabria, dove è fermato dalla polizia; allo scoppio della Prima guerra mondiale deve partire per il fronte e più tardi, quando viene congedato, è assunto in una fabbrica di Crotone, ma è costretto a lasciare il lavoro dopo una lite violenta. Tornato a Napoli, vi trova l’ex fidanzata Anna, che ha avuto un bambino e convive con Marco. Vive con loro finché sia il bambino sia Anna si ammalano e muoiono; infine partecipa agli scioperi e alle occupazioni delle fabbriche del “biennio rosso” e finisce nuovamente in carcere. L’autore tenta di trasformare le cronache sociali del tempo in una narrazione emblematica, con l’intento di seguire la difficile maturazione di una coscienza di classe e di trasformare la rappresentazione delle sofferenze individuali in un dramma collettivo: l’educazione politica di Teodoro lo conduce a uscire gradualmente dalla confusione giovanile, dal disorientamento e dalla rabbia impotente che lo accompagna, per approdare alla prospettiva di un futuro comune, costruito insieme agli altri proletari attraverso la lotta sindacale. Si tratta di un messaggio antifascista, accompagnato da una costante nota di pessimismo per la sconfitta subìta dal movimento operaio.

Carlo Bernari fotografato da Marisa Rastellini nel 1964.

Carlo Bernari fotografato da Marisa Rastellini nel 1964.