Manifesto degli intellettuali antifascisti (1925)
La risposta al Manifesto degli intellettuali fascisti di Gentile è il Manifesto degli intellettuali antifascisti (1925), elaborato dal filosofo Benedetto Croce e firmato dal giurista Piero Calamandrei, dallo storico Gaetano Salvemini e dal poeta Eugenio Montale. Secondo Croce:
▪ gli intellettuali e gli artisti hanno il compito di esercitare la libertà di indagine e di critica;
▪ il successo dei fascismi europei è conseguenza di «smarrimento di coscienza, depressione civile e ubriacatura prodotta dalla guerra».
Nella rivista «La Rivoluzione liberale», Piero Gobetti sostiene invece che il partito di Mussolini si è affermato a causa delle peculiarità sociali, politiche ed economiche dell’Italia, che identifica in:
▪ ritardo nell’unificazione nazionale;
▪ sviluppo economico caotico;
▪ debolezza della borghesia, che si è alleata con i conservatori anziché con le masse popolari.
Figura chiave dell’antifascismo militante è Antonio Gramsci, che dopo la fondazione del Partito comunista (1921), ne diventa segretario generale e dà inizio alla pubblicazione de «L’Unità: quotidiano degli operai e dei contadini». Obiettivo di Gramsci è creare una nuova saldatura fra intellettuali italiani e classe operaia per dare vita a una cultura di opposizione. Perseguitato dal regime, Gramsci viene condannato a vent’anni di reclusione e muore in carcere.