Sul testo
La vita e le opere di Grazia Deledda
La Sardegna primitiva di Deledda
Per il carattere regionale delle sue opere Grazia Deledda si colloca sulla scia del Verismo, con tratti che tuttavia la inseriscono per molti versi nella letteratura del Decadentismo. La sua narrativa, ambientata nella natìa Sardegna, presenta forti vicende d’amore, di dolore e di morte, nel quadro di una società pastorale-patriarcale, di una cultura dominata dal senso del peccato – e della sua necessaria espiazione – e di una natura aspra e primitiva; ricorrente è la lotta tra la ribellione individuale e la sottomissione alle tradizioni. In Deledda le ricerche musicali e coloristiche producono pagine di un intenso lirismo, che come osservato da Sapegno «tende di fatto al simbolo o per meglio dire alla parabola con la sua forza di convinzione suggestiva ma elementare».
Canne al vento (1913)
Il protagonista Efix è al servizio di tre sorelle (Ruth, Noemi ed Ester) di una famiglia nobile andata in rovina, mentre una quarta sorella, Lia, è fuggita sul continente disobbedendo al padre che voleva tenerla segregata. In quella circostanza, per proteggere la ragazza, Efix ha involontariamente provocato la morte del padre, ma nessuno è al corrente di questo segreto. Dopo molto tempo arriva dal continente un ragazzo, Giacinto, che è figlio di Lia (morta nel frattempo) che con la sua vita dissipata porta alla rovina le zie, oltre a suscitare un sentimento di amore-odio nella più giovane di loro, Noemi. Il vecchio servo Efix continua a occuparsi delle sorelle cercando di porre rimedio alle situazioni critiche e, solo quando vedrà ripristinata la quiete e la stabilità della famiglia, potrà morire in pace, dopo aver commentato: «Siamo canne, e la sorte è il vento!», alludendo alla fragilità che, al di là delle apparenze, caratterizza ogni vita umana.