Clemente Rebora, Frammenti lirici (1913)
I versi di Clemente Rebora (1885-1957), che esordisce nel 1913 con la raccolta dei Frammenti lirici cui seguiranno nel 1922 i Canti anonimi, si caratterizzano per la violenza espressiva dei contrasti e per la tensione di un messaggio che, in termini talvolta oscuri, si proietta dal piano lirico a quello religioso e trascendente (con un percorso che si riflette anche in questo caso nella biografia, attraverso l’approdo alla conversione e al sacerdozio). Alla banalità della vita quotidiana si affiancano la ricerca incessante di un senso e l’ansia dell’assoluto, che si esprime tematicamente nell’esaltazione della natura vergine, simbolo di pace e di amore fraterno, contrapposta alla civiltà opprimente e disumana degli agglomerati urbani o allo strazio della guerra, in cui si esaspera la percezione della precarietà dell’esistenza. Specialmente i Canti anonimi, in cui Rebora esce dall’ambito privato e fa irrompere la tragica esperienza della storia, traducono in immagini brutali lo spettacolo della sofferenza e della morte, che tuttavia genera ogni volta un bisogno di speranza e l’attesa di una comunicazione cosmica o di una verità superiore. Nello stile di Rebora, che predilige una struttura frammentistica, si osserva da un lato un realismo crudo e dall’altro il continuo ricorso ad audaci analogie, mentre sul piano lessicale si passa da un livello alto ai termini dialettali.