Sibilla Aleramo, Una donna (1906)

Nel 1906 Sibilla Aleramo (pseudonimo di Rina Faccio, 1876-1960) pubblica un libro destinato a fare scalpore (e anche scandalo), Una donna, che sviluppa in forma romanzesca una drammatica vicenda autobiografica, che culmina nella sua decisione di abbandonare il marito e il figlio per rendersi indipendente. L’opera comparve nel 1906 e la sua fortuna fu immediata sia nella penisola sia nei Paesi in cui venne tradotta: come osservò Emilio Cecchi, «con l’Aleramo non si trattava più di un’autrice, d’una artista soltanto: si trattava anche d’una rivendicatrice della parità femminile, d’una ribelle», capace di fare del proprio scritto un manifesto per l’emancipazione della donna, nell’intento di renderla «signora di se stessa». Nel periodo in cui lavorava al romanzo, Aleramo si impegnava in attività educative – nelle scuole dell’Agro Pontino – con lo scrittore piemontese Giovanni Cena (autore nel 1901 di un coraggioso romanzo sociale, Gli ammonitori); e anche in Una donna richiama l’esigenza e l’urgenza di una nuova educazione e cultura: «Incominciai a pensare se alla donna non vada attribuita una parte non lieve del male sociale. Come può un uomo che abbia avuto una buona madre divenir crudele verso i deboli, sleale verso una donna cui dà il suo amore, tiranno verso i figli? Ma la buona madre non deve essere, come la mia, una semplice creatura di sacrificio: deve essere una donna, una persona umana. E come può diventare una donna, se i parenti la danno, ignara, debole, incompleta, a un uomo che non la riceve come sua eguale; ne usa come d’un oggetto di proprietà; le dà dei figli coi quali l’abbandona sola, mentr’egli compie i suoi doveri sociali, affinché continui a baloccarsi come nell’infanzia?».

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Ritratto di Sibilla Aleramo

Sibilla Aleramo

Sibilla Aleramo, 1913

Sul testo

La letteratura femminile nel primo Novecento