George Bernard Shaw, La professione della signora Warren (1898)
Premio Nobel per la letteratura nel 1925, il dublinese George Bernard Shaw (1856-1950) a vent’anni si trasferì in Inghilterra, dove si affermò come giornalista, conferenziere e critico musicale e teatrale. Aderì alla Fabian society e ne condivise il socialismo umanitario, come condivise il femminismo di Ibsen (e la sua proposta di un teatro di idee). Su queste basi sostenne che l’attività teatrale doveva costituire «una fucina di pensieri, una guida della coscienza, un commentario della condotta sociale, una corazza contro la disperazione e la stupidità, un tempio per l’elevazione dell’uomo»; a tal fine si avvalse soprattutto della satira. Le sue commedie prendono a bersaglio i pregiudizi puritani e lo snobismo di una società che nasconde i propri mali sotto ipocrite apparenze: ne è prova La professione della signora Warren (1898). Nell’opera, la cui rappresentazione fu a lungo proibita dalla censura britannica, la figlia della protagonista – Vivie – scopre che la madre è una tenutaria di bordelli. Alla sua indignazione la madre risponde che la sola colpevole è una società che discrimina le donne e in cui tutto è soggetto al denaro. Alla fine Vivie comprende la logica della madre, ma non accetta di continuare a vivere dei suoi proventi: abbandona la casa, decisa a mantenersi con il lavoro di impiegata.