Il teatro realistico: Giuseppe Giacosa, Tristi amori (1887)

Nel quadro della cultura del Positivismo il teatro tende per lo più a privilegiare la rappresentazione della realtà quotidiana, colta anche negli aspetti più problematici. Il protagonista è spesso una persona comune (in molti casi appartenente alla piccola o media borghesia), la recitazione deve risultare credibile, le scenografie riproducono fedelmente gli ambienti e al tema amoroso si associa quello del denaro.

Teatro spiccatamente realistico è quello di Marco Praga (1862-1929), figlio del poeta scapigliato Emilio: il motivo della vita coniugale ritorna nella sua vasta produzione (sino a Il divorzio, del 1915) e specialmente nella migliore delle sue commedie, La moglie ideale del 1890, dove si rappresenta – con ironia a tratti amara – il doppio gioco di una donna che riesce a simulare il ruolo di moglie perfetta e di amante appassionata. E all’insegna del medesimo realismo si sviluppa anche l’attività teatrale del piemontese Giuseppe Giacosa (1847-1906), che partendo da commedie di ambientazione medievale arriva a drammi psicologici che risentono della lezione di Ibsen e del teatro nordico (Tristi amori, del 1887, e Come le foglie, del 1900), evidenziando le tensioni di una società borghese minacciata dalla disgregazione, di cui l’adulterio e lo sperpero sarebbero i sintomi più preoccupanti.

Giuseppe Giacosa in una fotografia di Mario Nunes Vais.

Giuseppe Giacosa in una fotografia di Mario Nunes Vais.