Guy de Maupassant, Bel Ami (1885)
Nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito allo straordinario sviluppo della scienza e della tecnologia, legato alla nuova organizzazione industriale, si diffonde la filosofia positivista che propone di applicare alle scienze umane (psicologia, sociologia, antropologia) il metodo razionale delle scienze. Nel quadro di una diffusa fiducia nella scienza, alimentata dai progressi in corso, si ritiene che anche i comportamenti umani possano essere analizzati oggettivamente e ricondotti a leggi fisse e generali e a rapporti deterministici di causa-effetto. I positivisti sono certi che «si entrerà in un secolo in cui l’uomo, divenuto onnipotente, avrà soggiogato la natura utilizzandone le leggi per far regnare su questa terra tutta la giustizia e la libertà possibili» (Zola).
Questa fiducia nel progresso intellettuale e morale dell’umanità non è tuttavia condivisa da altri autori del Naturalismo: si pensi a Guy de Maupassant (1850-1893), che nei medesimi anni offre un quadro impietoso della Francia del tempo, all’insegna di un amaro pessimismo. Ne sono testimonianza non soltanto il romanzo maggiore (Bel Ami, del 1885, storia di un giovane che fa carriera sfruttando abilmente amici e conoscenti e soprattutto le donne), ma anche le oltre trecento novelle.