Robert Louis Stevenson, L’isola del tesoro (1883)
Lo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson (1850-1894) è noto soprattutto per Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde (1886), capolavoro della letteratura fantastica, in cui si sviluppano i temi del “doppio” e delle potenzialità malefiche della scienza. Tuttavia una parte cospicua della sua opera è costituita dai romanzi di avventura, a partire da L’isola del tesoro (1883).
La trama
La vicenda è ambientata in Inghilterra nel Settecento. Un ragazzo, Jim Hawkins, vive in una locanda di proprietà della madre. Alla morte di un marinaio di passaggio, scopre nel suo baule la carta di un’isola remota, in cui è indicato il nascondiglio di un tesoro appartenuto a un pirata di nome Flint. Jim ne parla con il dottor Livesey e con il signor Trelawney e insieme organizzano una spedizione a bordo della nave Hispaniola. Vi si imbarca come cuoco un uomo con una gamba di legno (Long John Silver) dall’apparenza bonaria, che in realtà è il capo spietato dei superstiti della banda di Flint. Quando giungono nei Mari del Sud e approdano all’isola, i pirati si impadroniscono dell’imbarcazione, mentre Jim, Livesey e Trelawney si mettono in salvo in un fortino. Infine Silver viene catturato e il tesoro è raggiunto. Ma sulla via del ritorno Silver scompare misteriosamente, mentre Jim sarà per sempre perseguitato dagli incubi suscitati dalla traumatica avventura.
Stevenson, che per problemi di salute aveva lasciato la Scozia alla ricerca di climi più caldi, propone un’evasione nella fantasia e nell’esotismo – tra viaggi di mare, lotte e naufragi – destinata a replicarsi con minore fortuna nel successivo romanzo, Il ragazzo rapito (1886), il cui disgraziato protagonista finisce in una barca di schiavi diretti alle piantagioni americane. Al medesimo genere storico-avventuroso appartiene inoltre un’opera precedente, La freccia nera (1883), anch’essa indirizzata in primo luogo ai giovani lettori (apparve a puntate sulla rivista per ragazzi «Young Folks»).