Sul testo
La vita di Ippolito Nievo
Il romanzo sociale di Nievo
Assai varia, nonostante la brevità della vita (morì all’età di 29 anni), fu la produzione letteraria di Ippolito Nievo. Garibaldino educato alla scuola mazziniana, Nievo concepisce la letteratura come specchio della società e come strumento di educazione civile. A tal fine egli non utilizza la storia passata, ma rivolge l’attenzione a quella recente e contemporanea, mettendo in risalto le problematiche aperte a partire dalla questione nazionale e risorgimentale. Perciò la vicenda del suo capolavoro, le Confessioni di un italiano, arriva sino agli anni della sua composizione (1757-1758): il protagonista è un “ottuagenario” – nonno del narratore, nella finzione letteraria – che ripercorre la propria biografia a partire dagli ultimi decenni del Settecento; ma i suoi tempi finiscono per coincidere con quelli dello scrittore. Mentre il romanzo storico si impegnava ad attualizzare alcuni eventi dell’Italia medievale o rinascimentale, qui l’attualità occupa larga parte della scena; e innanzitutto in ciò consiste il passaggio al romanzo sociale e all’affresco di una moltitudine di personaggi: avvocati e dottori, cancellieri e cappellani, monsignori e contesse, sguatteri e fattori, cuoche e briganti, reazionari e patrioti, spie ed eruditi
Confessioni di un italiano (1867)
Rimasto orfano, Carlino Altoviti vive in Friuli, presso il castello degli zii materni, amato solo dal vecchio servo Martino e dalla cugina Pisana, una bambina capricciosa e bizzarra di cui è innamorato. Il racconto delle sue memorie si intreccia con tutte le vicende storiche del tempo, compreso l’arrivo delle truppe napoleoniche.
Carlino studia a Padova, è animato da idee libertarie e a Venezia incontra il padre che credeva morto, appena tornato dall’Oriente. Grazie a lui diventa ricco e apprende di poter fare parte, per la sua nobile discendenza, del Maggior Consiglio di Venezia. Tuttavia, di lì a poco la Repubblica veneta conclude la propria storia millenaria con il Trattato di Campoformio che la cede all’Austria. Carlino, dopo aver assistito agli ultimi momenti di vita di un amico suicida, che ricorda lo Jacopo Ortis di Foscolo, si stabilisce a Milano e vi incontra Alfieri e Parini. Ritrova la Pisana, nei pressi di Roma, mentre si dirige verso Napoli per combattere nelle truppe del Carafa in difesa della Repubblica partenopea; qui scopre che la ragazza è divenuta l’amante dello stesso Carafa, nella convinzione che Carlino l’avesse tradita. Fatto prigioniero dalle bande reazionarie dei sanfedisti, è salvato da lei. Dopo la drammatica caduta della Repubblica approda a Venezia. Qui la Pisana lo spinge a sposare Aquilina Provedoni. Partito per le Puglie, a seguito dei moti del 1820 nel Regno di Napoli, si arruola nell’esercito di Guglielmo Pepe: fatto prigioniero, è condannato a morte, ma è raggiunto ancora dalla Pisana che riesce a far commutare la condanna nell’esilio e si reca con lui a Londra. Infine, la donna muore, stremata dalla miseria, mentre Carlino, tornato in patria, assiste agli eventi del 1848-49 (cui partecipano i suoi figli, uno dei quali era a suo tempo partito per la Grecia con lord Byron) e si accinge a stendere le sue memorie.