Carlo Pisacane, Saggi storico-politici-militari (1858-1860)

Distante dal cattolicesimo di Gioberti e dalla concezione metafisica e romantica della libertà di Mazzini, appare il pensiero del patriota napoletano Carlo Pisacane (1818-1857), persuaso che nessuna autentica libertà sia possibile senza una precedente eliminazione delle diseguaglianze sociali e della disparità economica. Per Pisacane le grandi masse popolari e contadine verranno coinvolte nel Risorgimento soltanto se si tratterà di una rivoluzione in grado di cambiare le condizioni materiali della loro esistenza: e ciò sarà fattibile specialmente nel Sud, dove è più debole quella classe borghese che ha provocato il fallimento della Rivoluzione francese.

Nei Saggi storico-politici-militari (1858-1860) di Pisacane si avverte una tensione utopica che riprende da un lato il messaggio profetico di Tommaso Campanella, dall’altro la filosofia della storia del Vico: il divenire degli eventi tende alla progressiva affermazione della ragione (e quindi del progresso, della libertà e del socialismo) contro l’oscurantismo dell’errore e della tirannide.

In questo quadro, egli considera causa di declino la mescolanza della religione alla politica, anche se riconosce la funzione positiva svolta da Lutero nell’esaltazione della coscienza individuale. Indispensabile è per lui l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, allo scopo di creare una società basata sul collettivismo e sulla democrazia diretta, come auspicato in quegli anni dal pensatore anarchico francese Proudhon.

Sul testo

Credo al socialismo. Il Testamento politico di Pisacane

Ritratto di Carlo Pisacane.

Ritratto di Carlo Pisacane.