Vincenzo Gioberti, Il rinnovamento civile d’Italia (1851)

Il torinese Vincenzo Gioberti (1801-1852) partecipò attivamente alle vicende del Risorgimento. Ordinato sacerdote nel 1825, fu cappellano alla corte di Carlo Alberto, ma si avvicinò a posizioni repubblicane e mazziniane sino a collaborare con la rivista «La Giovane Italia». Arrestato nel 1833 e costretto a un lungo esilio a Parigi e a Bruxelles, rientrò a Torino nel 1848, dove fu ministro della Pubblica Istruzione e capo di governo, e infine nominato ambasciatore a Parigi, ove morì.
Nella sua opera maggiore (Del primato morale e civile degli italiani, del 1843), Gioberti sostiene la tesi della superiorità dell’Italia rispetto alle altre nazioni europee – dovuta a ragioni religiose e culturali – e definisce i princìpi di un programma neoguelfo, che vede nella Chiesa la fonte dei valori etici e sociali e auspica una conciliazione tra cattolicesimo e liberalismo: la prospettiva politica (che piacque ai moderati per il suo gradualismo) è quella di una futura unione federale italiana in cui la posizione di preminenza sia attribuita al papa. Il neoguelfismo di Gioberti recò un contributo significativo e originale al dibattito in corso all’interno della cultura risorgimentale, arricchendosi di venature democratiche in un testo successivo, Il rinnovamento civile d’Italia, del 1851, in cui è interessante l’auspicio di una letteratura che sia nazionale e popolare.

Gallery

Vincenzo Gioberti

Sigismondo Gallina, Ritratto di Vincenzo Gioberti, 1847. Torino, Accademia delle Scienze.

Copertina di un’edizione del 1911 de Del rinnovamento civile d'Italia.