Sul testo

La vita e le opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Il Gattopardo (1958)

Il Gattopardo ripropone in pieno Novecento le modalità espressive tipiche del grande romanzo dell’Ottocento. Questa impostazione formale fece sì che Vittorini ne rifiutasse la pubblicazione presso l’editore Einaudi e persistesse nel proprio giudizio negativo anche quando il libro, edito da Feltrinelli nel 1958, si rivelò uno tra i più venduti best-seller della nostra letteratura.

La narrazione, suddivisa in otto parti, si apre nel 1861 – nei giorni della spedizione dei Mille in Sicilia – e il punto di vista è quello del protagonista, l’aristocratico don Fabrizio principe di Salina. Questi assiste senza illusioni e senza rimpianti alla rovina della propria classe: anzi, favorisce l’unione del nipote Tancredi con Angelica, figlia di un borghese arricchito, Calogero Sedara. «Bisogna che tutto cambi [...] perché tutto rimanga com’è», nota Tancredi in una frase che esprime assai bene l’impossibilità di realizzare un vero cambiamento in Sicilia e in Italia.

Tra le pagine più significative sono quelle dell’incontro tra il principe di Salina e l’emissario del governo piemontese, il cavaliere Chevalley. Lo scrittore evidenzia il contrasto abissale tra i due mondi avvalendosi dapprima dell’ironia – nella descrizione dell’arrivo a Donnafugata di Chevalley, che osserva sgomento e impaurito «lo squallore, la vetustà, il sudiciume delle strade di accesso» – e poi delle sentenze lapidarie che danno voce al radicale pessimismo del principe («Il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare»).

A un secolo di distanza dall’Unità d’Italia, mentre una vasta emigrazione dal Sud al Nord della penisola ripropone la drammaticità del divario tra le due parti del Paese (sono gli anni della Cassa per il Mezzogiorno e di un riacceso dibattito sulla questione meridionale), il romanzo di Tomasi offre una stimolante rilettura – critica e inquietante – della vicenda storica italiana e del Risorgimento in particolare: ma al tempo stesso lascia trasparire, nell’inarrestabile declino della nobiltà isolana, il destino universale di decadenza che incombe sugli individui e sulle società.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa.